Primo maggio 2025

Primo maggio rito dell'infiorata casalinga negli Iblei

Come ogni anno la famiglia Lonero trasferita a Sortino ripete l’antico rito dell’infiorata dell’uscio di casa.

default

Era consuetudine a Solarino il primo di maggio infiorare l’uscio di casa con delle margherite gialle, “i sciuri i maju”.
Il giorno prima tutti i ragazzi si recavano in campagna a raccogliere margherite gialle, e papaveri se erano presenti nel campo, poi a casa si aggiungevano dei petali di rosa, che non potevano mancare “’nna l’ortu”, e si dava incarico alla mamma o al papà, a seconda di chi si alzava per primo, di metterli nel marciapiede in corrispondenza dell’uscio di casa. Una volta, rimanevano fino al giorno successivo, adesso, nel raro caso che il rito venga ripetuto, rimangono massimo fino a mezzogiorno. Per i ragazzi, maschi e femmine, era un’occasione per giocare in strada tutti insieme per realizzare collane con le margherite più grosse, le signorinelle provavano il classico “mama non mama”.
Cosa rappresentava questo tappeto di margherite proprio il primo di maggio? La risposta ci viene data dagli anziani i quali raccontano che quest’usanza serviva “pì buon’auguriu”, retaggio contadino, di quando il futuro dipendeva dai capricci del tempo. In Sicilia la dea Ibla, che ha dato il nome al nostro altipiano, era una sorta di Grande Madre, signora della primavera e signora degli inferi, identificata spesso con Persephone, altre volte con Flora o con Artemide. A Roma, tra il 28 aprile e il 3 di maggio, si celebravano “le floralia”, festività in onore della dea Flora, che aveva la facoltà di salvaguardare lo sviluppo delle piante e garantire un buon raccolto. Anche a Sortino l’attuale piazza G. Verga era chiamato “u chianu i Santa Flora” forse l’espressione voleva dire qualcosa? Altra interpretazione può essere quella in cui, in alcune zone d’Europa, la notte fra il 30 aprile e il primo maggio, si celebravano dei sabba nella notte di Santa Valpurga. Le streghe del circondario si riunivano sotto il noce di Benevento eseguivano i loro riti e balli fino al mattino, poi al rientro potevano penetrare nelle case o stalle, e per dispetto creare malefici agli animali o alle persone in particolare ai bambini. Per distrarle, i contadini mettevano i fiori di campo, che era un mezzo per  attirare l’attenzione, e vista la curiosità proverbiale, le streghe si mettevano a contare il numero dei petali, così facendo arrivava l’alba e diventavano innocue.
Mario Lonero